È il 7 gennaio e sono al supermercato per fare la spesa. Sono le 19. Ho la cesta in una mano e con l’altra tengo mia figlia di tre anni e mezzo che è uscita un’ora fa dall’asilo. C’è un viavai di carrelli e bisogna fare attenzione a schivarli. Nell’ingorgo vedo un signore, mio coetaneo. Ha il viso arrabbiato e scansa in malo modo gli anziani che si muovono lentamente e ostacolano il suo percorso verso il banco della carne. Non ha visto mia figlia, o ha fatto finta, ma si dirige verso di noi senza accennare a fermarsi. Io sono incastrato in mezzo a una folla di persone e faccio appena in tempo a lasciar cadere la mia cesta della spesa e bloccare con la mano il suo carrello che sta per prenderla in pieno. L’uomo mi guarda con gli occhi iniettati di sangue e pronuncia qualche parolaccia che al momento non riesco a decifrare perché giro immediatamente lo sguardo verso Francesca per controllare se il mio strappo non le abbia fatto male. Si è spaventata e ha lasciato cadere i fomaggini che aveva in mano. A questo punto è il mio sguardo a catalizzare in una frazione di secondo tutta la rabbia del mondo. Se ti toccano i figli diventi un animale inferocito. In una frazione di secondo devo contenere l’adrenalina e decidere se aggredire quello stronzo che se ne va in giro come un pazzo al supermercato o dare a mia figlia un esempio positivo. Scelgo di fissare l’idiota che nel frattempo si è reso conto di quanto stava per accadere e, cercando di raccogliere tutta la calma che in quel momento riesco a trovare, gli dico: “Buon anno anche a lei”!
L’espressione del suo viso cambia immediatamente. Assume uno sguardo mortificato e realizza quanto sia stata stupida e fuori luogo la sua rabbia e la sua fretta. Mi chiede scusa, si abbassa a raccogliere i formaggini di Francesca. “Siamo sempre di corsa” mi dice. “Mi scusi ancora” sussurra mentre si allontana piano con il suo carrello pieno di scatolette e cibi precotti…9