Dietro lo spioncino

Questo post non era previsto. Queste righe avrei fatto volentieri a meno di scriverle, ma non potevo. Oggi ho saputo da un parente distratto e troppo impegnato a svuotare l’appartamento che la signora anziana dai cappelli bianchi che abitava sul mio pianerottolo non c’è più.

– Purtroppo  ci ha lasciati. – Ha sussurrato. – Lunedì scorso.

Lunedì scorso. L’anziana signora dai capelli bianchi è morta da una settimana e in tutto questo periodo la mia vita non si è accorta di nulla.

– Ormai non era più in sé – racconta il nipote mentre aspetta l’ascensore con un termosifone elettrico e un saccone di plastica appoggiati vicino alla porta di metallo. – Sa… a una certa età è meglio così. Comunque non ha sofferto. Si è addormentata…

Si è addormentata, non ha sofferto. Mentre lui parla, provo un grande disagio e ripenso a quella figura scheletrica con il camice a fiori che un giorno mi disse: Giovanotto, questa è casa mia. Io vivo in questo palazzo da 50 anni eppure ormai non conosco più nessuno. Ma lei lo sa che quelli che c’erano prima sono tutti morti o hanno venduto? Non conosco più nessuno qui, più nessuno.

L’anziana signora dai capelli bianchi non aveva figli. Non so se fosse vedova o se invece la sua vita l’avesse affrontata sempre come una solitaria guerriera o come una piccola barchetta smarrita. Non lo so.

A occuparsi di lei una badante dalla carnagione scura che le parlava in spagnolo. E lei non capiva.

Era diffidente la signora dai capelli bianchi. Quando ero andato a suonare alla sua porta per regalarle una bottiglia di olio d’oliva di quello buono, di quello che mi mandano da giù, lei non mi aveva aperto. Eppure sapevo che c’era. Che era lì, immobile, sospettosa, instancabile vedetta ad osservare un mondo spaventoso che correva veloce dietro lo spioncino di una gabbia blindata. E le faceva paura. Tanta paura.

– Sa, adesso dobbiamo vendere la casa. – Racconta il nipote addolorato e intanto cerca di sistemare il termosifone nell’ascensore. – Siamo stati in agenzia, ma mi hanno detto che questo è un brutto periodo per il mercato immobiliare. – Poi si chiude le porte alle spalle evitando di guardarmi.

Almeno per lui questo sarà un Natale sereno. Non avrà il rimorso di lasciare sola con la badante la sua vecchia zia scema. Sotto l’albero troverà un appartamento al settimo piano che presto, nonostante le difficoltà del mercato, si trasformerà in denaro contante.

 

Avrei dovuto lasciargliela sul pianerottolo quella bottiglia d’olio buono. Avrei dovuto suonare più spesso alla porta della signora con i capelli bianchi fino a farmi aprire e dirle che non doveva avere paura, che le cose brutte della televisione non sono sempre vere. Che la paura è un veleno inodore e insapore…

Avrei dovuto tante cose…

– Arrivederci! – mi dice l’uomo educatamente.

– Arrivederci… – rispondo. Poi guardo la porta chiusa e questa volta so che dietro non c’è più nessuno attaccato allo spioncino.

Fa freddo. Fa davvero freddo. Rientro, mi chiudo in casa e giro la chiave tre volte. Poi osservo da lontano il piccolo buco dello spioncino.

Di Salvatore Viola

Scrivo per professione e scrivo per piacere, ma scrivo anche perché ho la tremenda necessità di farlo. Il mio lavoro? Faccio tante cose, ma sono prima di tutto un padre e cerco di esserlo nel migliore dei modi possibili, ovvero provandoci senza sosta.

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