– Allora, cosa ne pensi?

Sono appena uscito dalla sala. Ho visto Avatar. Sono frastornato, compiaciuto, sazio. Ho fatto una scorpacciata di effetti speciali. Ho trascorso tre ore in un mondo che non c’è e ringrazio il cinema per la capacità di rapirti e farti vedere con i tuoi occhi anche cose che non esistono.
Fuori c’è una calca di gente che cerca di entrare per lo spettacolo successivo.
Io sono stato fortunato. Ho assistito a una proiezione privata. Mi avvicino al bancone del bar e noto due ragazzi travestiti da intelletualicoltisuperespertidicinemachenesannopiùditutti. Sono appena usciti anche loro. Uno è magrolino, capelli corvini cortissimi, occhialini alla Camillo Benso, giacchettina nera, borsa di cuoio che arriva alle ginocchia, jeans aderente con stivaletti neri lucidi. L’altro ha i capelli chiari, lunghi e unti. Indossa un maglione smollato e porta uno zainetto con scritte giapponesi.
È uno di quelli che escono di casa una volta al mese per riempire il carrello di surgelati e trascorrono gli altri 29 giorni a strafarsi di manga, Rpg e tanto, tanto social network.

– Ti dirò…. – Risponde il magrolino – mi aspettavo di più.
– Vero! – Conferma il geek – Tutto scontato. Un’americanata senza sentimento.
– Cameron, mi ha proprio deluso – fa eco lo smilzo. Parla come se il regista lui lo conoscesse di persona. Magari si sono visti la sera prima per succhiarsi due gamberetti alla griglia.
– Citazioni ovunque. La trama presa pari pari da Miakazzi Togutsura. Il design del mondo lo ha inventato 10 anni fa Totsuko Motsuky, per non parlare poi di alcune atmosfere alla Tipolosky…
– Certo, certo. E perché il personaggio di lei? Non è Mitsubishy della saga delle Princess of Cozz?
– Esatto! Ma ti dirò… hai visto i veicoli?
– Ho my God, i veicoli!
– Non dirmi che non hai notato le stesse forme di Toyotatsy Mastykatsy.
– Identiche!
– Io ci ho trovato anche una certa approssimazione nella logica della gestualità indigena…
– Sì, è vero. È la prima cosa che ho notato.
– Ovviamente la fisica riveduta e corretta ha reso più fruibile un discorso che altrimenti sarebbe apparso incongruo e inevitabilmente sopra le righe…

Non ce la faccio. Mi avvio verso l’uscita. Devo dire che mi sarebbe piaciuto sentire un parere. Lo ammetto, ho fatto finta di sistemarmi il giaccone per ascoltare quello che dicevano quei due tipi. Devo però ammettere pure che in quel ragionamento che hanno fatto non ci ho capito un benedetto trancio di legno (nel senso di una mazza). Se questi personaggi sono qui, è perché qualcuno li ha invitati, penso. È perché forse scrivono per una testata o per un blog, o chessò sono amici della portinaia. Non lo so, ma in ogni caso, dovrebbero per lo meno essere appassionati di qualcosa alla quale hanno appena dedicato tre ore della propria vita.
Quando vai al cinema devi goderti lo spettacolo. A caldo esci dalla sala con uno stato d’animo: noia, stanchezza, tristezza e chi più ne ha più ne metta.
È questo quello che conta.

Non puoi stare lì a cogliere solo i rimandi per fare bella figura con gli intelletualoidi della tua cerchia che la vedono allo stesso modo. Non puoi rovinarti la vita così. Non puoi perderti l’arrosto perché cerchi di individuare le spezie.

Eppure c’è gente che si martella le biglie della vita cercando infiniti rimandi e citazioni. Lo fanno nella musica, nella pittura, nel cinema e il più delle volte è gente che non ha mai suonato, dipinto o recitato.

Che dire, io di Miakazzi Togutsura e Toyotatsy Mastykatsy non ne sapevo niente. Forse vivo in un altro mondo. Forse sono semplicemente più ignorante. Tutto qui. Non lo so proprio.

È vero, la storia forse era scontata e i personaggi stereotipati, ma io non ero andato a vedere la corazzata potemkin e ‘sto Avatar mi ha divertito un casino.

In fondo, a pensarci bene, io ero andato solo per quello…

Di Salvatore Viola

Scrivo per professione e scrivo per piacere, ma scrivo anche perché ho la tremenda necessità di farlo. Il mio lavoro? Faccio tante cose, ma sono prima di tutto un padre e cerco di esserlo nel migliore dei modi possibili, ovvero provandoci senza sosta.

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